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The Bourbon-era tunnel the pride of Bourbon underground engineering

Minin Gianluca De Luzio Enzo
Articolo Immagine
ISSN:
0393-1641
Rivista:
Gallerie e grandi opere sotterranee
Anno:
2015
Numero:
116
Fascicolo:
Gallerie e grandi opere sotterranee n.116/2015

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Il Tunnel Borbonico Il vanto dell'ingegneria borbonica in sotterraneo 
Il 19 febbraio del 1853 Ferdinando II di Borbone firmava un decreto con il quale incaricava l’arch. Errico Alvino - già commissario straordinario per Via Chiaia e S. Ferdinando - di progettare un viadotto sotterraneo che, passando sotto Monte Echia, congiungesse il Palazzo Reale con piazza Vittoria, prossima al mare e alle caserme. Tale decreto contemplava la realizzazione di un percorso militare rapido, in difesa della Reggia, per le truppe acquartierate nella caserma di via Pace (attuale via Domenico Morelli), nonché una sicura via di fuga per gli stessi monarchi, visti i rischi che avevano corso durante i moti del 1848. L’architetto progettò uno scavo con sezione trapezoidale, muri d’imposta a scarpa, larghezza e altezza di 12 metri, suddivisa in due gallerie per gli opposti sensi di marcia. La galleria diretta a Chiaia doveva avere il nome di “Strada Regia”, mentre la galleria in senso contrario doveva chiamarsi “Strada Regina”; entrambe sarebbero partite presso la vecchia caserma di cavalleria nella ex via Pace, ma una avrebbe raggiunto il Largo Carolina dietro il colonnato di Piazza Plebiscito e l’altra Via Santa Lucia. I lavori per l’apertura della traccia vennero avviati nell’Aprile del 1853 attaccando la montagna nell’odierna via Domenico Morelli (ex via Pace); furono realizzate due gallerie, una carrabile e l’altra pedonale, che procedevano parallele per 84 m, per finire all’interno delle Cave Carafa, già state utilizzate a partire dal Cinquecento per la costruzione di vari edifici nella zona. Dopo circa 40 m dalle cave Carafa, furono intercettati degli ambienti più antichi e situati a un livello più alto; la sezione di scavo divenne, quindi, irregolare creando problemi statici alla struttura. L’architetto Alvino intervenne prontamente facendo regolarizzare la sezione di scavo superiore con quella inferiore, realizzando al contempo una serie di moduli trasversali costituiti ciascuno da un arco poggiante su piedritti a scarpa; tali strutture bloccarono l’apertura delle lesioni e lo scavo poté continuare in sicurezza. Dopo circa 245 m, lo scavo intercettò una grossa cisterna della rete idrica seicentesca che riforniva la città di Napoli a pelo libero; questa fu superata realizzando un ponte alto 8 m dal fondo della cisterna, con un piano di calpestio allo stesso livello dello scavo precedente, alzando al contempo muri colossali in tufo e in laterizi per isolarsi da possibili accessi derivanti dalla presenza di eventuali ulteriori pozzi. Dopo questa zona, il tunnel proseguì intercettando un’altra enorme cisterna superata, anche in questo caso, con due ponti lunghi circa 12 m cadauno, dopo il quale lo scavo proseguì con la stessa sezione. A 337 m dall’imbocco, la sezione, poi rivestita in muratura nelle pareti e nella volta, si riduce ulteriormente fino a m 1 x 2 a causa del rinvenimento di una sacca di depositi piroclastici sciolti lunga 69 m, derivante dalla mancata litificazione del tufo per cause naturali. Superato anche questo ostacolo, ricomparve il tufo e la sezione tornò a essere di m 4 x 3 fino alla fine dello scavo, arrivando sotto piazza Carolina con una lunghezza di 431 m. I lavori furono completati nel Maggio del 1855 dopo circa 3 anni di lavori; il 25 dello stesso mese il Tunnel Borbonico venne addobbato e illuminato sfarzosamente per la visita di Ferdinando II di Borbone rimanendo aperto al transito pubblico per soli 3 giorni. Negli anni successivi, il progetto fu sospeso per motivi economici e per il variato assetto politico che portò all’unità d’Italia. Lo scavo non arrivò, quindi, mai a Palazzo Reale rimanendo, fino alla seconda guerra mondiale, anche senza uscita. Durante il periodo bellico, tra il 1939 e il 1945, il Tunnel ed alcune ex cisterne limitrofe furono utilizzati come ricovero dei cittadini; dopo la guerra e fino al 1970 il Tunnel Borbonico fu utilizzato come Deposito Giudiziale Comunale; al di sotto di cumuli di macerie, sono state rinvenute numerosi autoveicoli e motoveicoli nonché statue di epoche diverse tra le quali l’intero monumento funebre del capitano Aurelio Padovani, pluridecorato capitano dei bersaglieri nel Io conflitto mondiale e fondatore del partito fascista napoletano.

The Bourbon Tunnel in Naples, the pride of Bourbon underground civil engineering. On 19 February 1853 Ferdinand II Bourbon signed a decree to construct an underground viaduct to connect the Royal Palace to Piazza Vittoria. This was a swift military route in defence of the Reggia and a possible escape route for the monarchs after the risks they had run during the risings of 1848. The project envisaged the realisation of a tunnel articulated in two four-metres-wide lanes for the two opposite directions each with a two metres wide sidewalk, and gas lighting. The works begun in April 1853 ended in May 1855 when the tunnel was visited by the King and remained open to the public for only three days. In the course of the works some changes were made to the original project because of several problems encountered during the digging. In particular, it was decided that only in the first section there would be two separate galleries and that the two traffic lanes, where realized, would be separated by a single central sidewalk. Between 1939 and 1945 the tunnel became a refuge for many citizens fleeing the bombings of Naples. After the war it was used as the City Council’s Judicial Depot. Nowadays the tunnel is managed by the Cultural Association “Borbonica Sotterranea” that has opened.